"Quesito referendum in pillole: Incandidabilità e divieto di ricoprire cariche istituzionali." Perchè siamo per il NO.

09.05.2022

IL QUESITO «Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)?».

Dal 2013 chi viene condannato in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e altri gravi reati non può partecipare alle elezioni per il Parlamento europeo e italiano né a quelle regionali e comunali e non può assumere cariche di governo.

Se un deputato nazionale o un senatore viene condannato definitivamente per una di queste tipologie di reato dopo essere entrato in carica, la camera di appartenenza è chiamata a votare sulla sua decadenza, o meno. Prevista la decadenza, sempre a seguito di condanne definitive, anche per europarlamentari, membri di governo e amministratori locali. Rispetto a questi ultimi, in alcuni casi, la legge prevede attualmente anche la sospensione dell'incarico, in alcuni casi, dopo una condanna di primo grado (non definitiva).

Se vincerà il sì al referendum tutti gli automatismi qui elencati vengono meno e a decidere su eventuali divieti di ricoprire cariche tornerà a essere solo il giudice chiamato a decidere sul singolo caso, come è avvenuto fino al 2012.

Perchè diciamo NO. Il principio dell'incandidabilità, per chi è stato condannato in via definitiva, per gravi reati contro la pubblica amministrazione trae ispirazione, oltre che dalle raccomandazioni espresse dalla Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, anche dal principio sancito dal secondo periodo dell'articolo 54 della Costituzione che recita "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge". Si potrebbe ragionare, sempre attraverso un serio dibattito parlamentare e nell'opinione pubblica su un termine di anni, perché questa incandidabilità possa essere cancellata. Benché il senso dell'onore resterebbe comunque lo stesso compromesso.

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